“Notte prima degli esami, notte di lacrime e preghiere, la matematica non sarà mai il mio mestiere”
Così cantava Venditti nel 1984 e, ancora oggi, milioni di studenti nella loro notte prima della maturità.
E così hanno passato la notte scorsa i maturandi 2016/2017 tra libri, ripassi, ansie, paure e le cuffie nelle orecchie con quello che è il motto della maturità per eccellenza, pronti ad affrontare le prime 6 ore di quelle che saranno le giornate più lunghe e, scopriranno alla fine di queste prove, belle, di ciascuno di loro.
Entrano alle superiori appena usciti dalle medie, appena usciti da una realtà piccola, protetta e a misura, e vengono catapultati e chiamati ad una realtà nuova, diversa, nella quale hanno da subito sulle spalle questo “fardello” della maturità, che appare uno scoglio insormontabile, questa parola che a 16 anni sembra immensa, tra professori ed educatori pronti a dire che devono impegnarsi per questo ostacolo che sarà difficile da superare.
Ma ci siamo mai fermati un secondo a pensare perché questo esame metta poi cosi in difficoltà? Perché ci siano tutta questa pressione ed ansia nel doverlo affrontare?
La scuola è uno specchio della vita degli adolescenti, diventa una seconda casa, una seconda famiglia. I ragazzi entrano alle superiori e lo scopo è quello di arrivare preparati a questo esame cercando di strappare la sufficienza in tutte le materie anno dopo anno.
E così arriva quel fatidico mercoledì di giugno in cui tutto ha inizio, in cui per la prima volta l’adolescente è chiamato a davvero guardare al futuro, a chiedersi cosa farà della sua vita, a guardare quel salto nel vuoto che lo porterà a decidere per la prima volta, e a non fare un cambiamento obbligato da una scuola all’altra come ha fatto fino a quel momento. Sono questi cambiamenti però che, seppur indirizzati da altri, dovrebbero permette ai ragazzi di crescere, sia da un punto di vista personale, sia da un punto di vista didattico, ed è proprio questo che dovrebbe far sì che gli anni del liceo, e l’esame stesso, siano molto diversi da come viene sempre raccontato agli studenti.
Il cambiamento dovrebbe essere proprio questo: non vivere la “maturità” solo come esame, ma come trasformazione che permetta ai ragazzi non solo la crescita del sapere ma anche una maturazione personale, rendendoli in grado di passare dall’adolescenza all’età adulta davvero, non solo perché superato l’esame.
Questa mattina infatti già qualcosa è diverso.
Già si trovano in un ambiente nuovo, non nella solita classe, sul solito banco con il solito compagno, no, quella realtà da un giorno all’altro è già cambiata. Ora sono in corridoio, uno per banco, uno dietro all’altro, aspettando quelle tracce con il cuore in gola e lo stomaco completamente chiuso.
Già si sono separati da una realtà conosciuta per affrontarne una nuova, più adulta e, diversamente da quello che pensavano fino ad un secondo prima, quando gli mettono quel foglio davanti, superato il panico generale del “ora che è sta roba?” “ma st’autore nel programma non ce sta” “ se vabbee e che se po fa un tema su st’argomento?” in qualche modo prendono quella penna e cominciano a scrivere, cominciano a mettere nero su bianco i loro pensieri, molti dei quali non avevano neanche coscienza di avere, eppure parola dopo parola eccoli comparire su quel foglio timbrato dal ministero.
Non è un caso che la maturità si svolga 5 anni dopo l’entrata al liceo, perché anno dopo anno si cresce, si acquisiscono nozioni nuove, si diventa persone diverse giorno dopo giorno e si passa in un attimo dal guardare tutti quei libri la sera prima e pensare “ è impossibile che riuscirò a sapere tutto domani” al ritrovarsi a scrivere e raccontare un sapere che spesso non si ha coscienza di avere. Un sapere che oramai è loro, profondo, che non dovrebbe limitarsi ad appiccicare in testa 4 frasi di un libro e a riportarle, ma che in qualche modo tra una versione di greco, un problema di matematica e una domanda di inglese, parla di loro.
Ed è questo ciò che conta davvero, non il 60 o il 100 come sterili voti, ma per ciò che per ognuno questo numero significa.
Ognuno di questi voti parla di questi ragazzi.
Ognuno di questi numeri racconta la loro storia, ed è una storia di crescita, di possibilità, di essere riusciti a trasformare quello scoglio insormontabile in una scalata ben fatta, nell’essere riusciti a separarsi in qualche modo, ognuno con le proprie possibilità da quella classe, da quei professori, da quei banchi, per modificare quella realtà di dipendenza vissuta fino a quel momento in una realtà nuova, adulta, diversa, autonoma se c’è maturità.
Ora il massimo della realizzazione non dovrebbe essere “oh, ho 18 anni mo firmo le giustificazioni da solo” ma dovrebbe diventare “noi siamo questo, siamo qui e vogliamo decidere davvero ciò che siamo e desideriamo”.
Allora non dovremmo chiederci solo perché l’esame di maturità metta così paura, ma anche se siamo in grado di far crescere nei ragazzi quelle possibilità per farli uscire da quel cancello…
“forse cambiati, certo un po’ diversi, ma con la voglia ancora di cambiare”
– Ludovica Lazzerotti