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Gli affetti in zona bianca

Le misure restrittive entrate in vigore nei giorni scorsi  portano il nostro pensiero immediatamente al marzo dello scorso anno quando  eravamo atterriti dalla paura, da un virus subdolo e sconosciuto che rendeva gli abbracci delle armi pericolosissime e letali, che faceva sembrare i rapporti umani infettivi. Eravamo spaventati dal cambiamento delle nostre abitudini, dal fatto che la nostra vita non sarebbe stata più la stessa, dal fatto che il nostro lavoro stesse vacillando. Eravamo spaventati e addolorati dalle centinaia di morti che ogni giorno sentivamo in tv, o forse anche intorno a noi.  Ci sentivamo in gabbia, fermi, impossibilitati, bloccati.

Oggi molte di queste paure ci sono ancora, ma oggi non è uguale a ieri.

Sono stati mesi durissimi per tutti, non sapevamo cosa stesse accadendo né quanto sarebbe durato, non sapevamo nulla, l’unica cosa di cui eravamo certi era che dovevamo stare a casa. E l’abbiamo fatto.

È stato difficile poi, ma altrettanto bello, poter ricominciare ad uscire le prime volte. Rivedere i propri cari, ricominciare a fare quelle piccole cose che ci sembravano oramai così distanti, come prendere un caffè al bar, fare una passeggiata, andare al mare, trascorrere del tempo con un amico.

Abbiamo ripreso piano piano le nostre vite, anche continuando a mantenere precauzioni e distanziamenti, perché le mascherine e il metro di distanza significavano e significano tutt’ora cura di sè stessi e dell’altro.

Oggi c’è sconforto, c’è tristezza, c’è delusione, c’è stanchezza, c’è paura per il futuro, perché non per tutti è semplice immaginare un futuro. Non lo è per chi ha perso il lavoro, per chi da un anno a questa parte non riesce a trovare una possibilità economica, per chi ha visto rimandati progetti importanti che crede di aver perso per sempre. Nonostante tutto ciò però, oggi non è come ieri, anche se la realtà materiale fa di tutto per confermarci il contrario.

È difficile crederlo, è difficile pensarlo, se chiudiamo gli occhi siamo di nuovo al marzo del 2020 in un attimo, ma gli occhi invece dobbiamo tenerli bene aperti, perché niente è uguale a prima, nessun giorno è mai uguale a prima, noi non siamo mai uguali a prima, anche se per alcuni sembra che quel marzo non sia finito mai.

Oggi non è come ieri perché nel frattempo ci sono stati la fatica e il dolore, ma anche l’impegno e la vita. Tutte queste cose le abbiamo vissute ed oggi siamo qui a raccontarle. Quel marzo che sembrava preannunciare la fine del mondo, alla fine è passato e il mondo non è finito. È cambiato, si è adeguato al nostro tempo, si è adeguato alle difficoltà del momento, ma non è finito. Ci siamo abituati a vivere una vita diversa, fatta di gel sanificanti, mascherine, distanziamenti nei locali, coprifuoco.

E che cos’è che ci ha fatto andare avanti per tutto quel tempo? La speranza e il desiderio. Sì, proprio così. Sembra semplice a dirsi, forse anche banale, ma è la cosa più vera e difficile da fare: custodire la speranza e il desiderio. La speranza di poter tornare ad abbracciare i nostri cari, la consapevolezza che stavamo tutelando noi e i nostri affetti e il desiderio di poterli rivedere quanto prima, il desiderio di tornare al lavoro, alla nostra quotidianità, alla nostra vita. La speranza che tutt’oggi ci guida e non ci fa smettere di cercare un futuro in cui sia possibile realizzarsi. Sono queste le cose che ci hanno fatto superare quel momento così duro.

Eppure, anche se non ci sembrava, anche quella era vita. Anche quei giorni bui e soli erano vita. Anche quei giorni di paura erano vita. Anche questa è vita. Ogni giorno è vita e ogni giorno abbiamo il modo di trasformarla trasformando noi stessi.

Questa è la difficoltà più grande: sentirci liberi di essere e di scegliere anche stando in casa. Possiamo scegliere come fare tutto quello che facciamo, in che modo approcciarci a tutte le attività che stiamo facendo. Se portiamo il nostro mondo interno, il nostro desiderio, quello di realizzazione umana, allora cucinare diventerà creatività, libri e film diventeranno un rapporto, un momento di riflessione, gli esercizi fisici diventeranno un prendersi cura del proprio corpo, il lavorare da casa non sarà più una frustrazione ma una realizzazione personale del proprio essere, il cercare un nuovo lavoro non sarà solo per un giusto bisogno materiale, ma anche per un’esigenza interna di crescita e ricerca di novità e opportunità.

Se riempiamo le nostre giornate di possibilità, di desiderio, di speranza, di nuovo, potremo vivere anche queste settimane in maniera piena. E potremo farlo ancor di più se ricordiamo di averlo già fatto una volta, se ricordiamo che quella volta era ben diversa da oggi, ci sembrava l’apocalisse, ci terrorizzava affacciarci dalla finestra e vedere tutto fermo, eppure ce l’abbiamo fatta, eppure c’era qualcosa che si muoveva.

Abbiamo custodito la ricerca di una corrispondenza profonda di affetti che nonostante le mascherine, il distanziamento, la paura, il virus, muove il mondo. Abbiamo custodito la nostra realtà interna, che – nonostante quella esterna che fa di tutto per dimostrarci il contrario – vive, si muove e giorno dopo giorno cresce, se ce ne prendiamo cura. È quella la parte più importante da custodire. È quella che ci fa davvero vivere, godere dei rapporti, essere felici.

Quella è la zona più libera, ricca e piena che abbiamo. Quella è la zona dei desideri, delle possibilità, dei sogni realizzati e da realizzare. Quella è la zona della crescita, la zona degli affetti, in cui si può abbracciare, in cui si può amare liberamente. È anche la zona della fatica, perché per fare tutto questo ci vuole fatica, ci vuole impegno, non si cresce, non si nasce senza fatica. Eppure che bello nascere ogni giorno.

Quindi, anche se è difficile, anche se siamo stanchi, se ci fa paura la prospettiva di dover continuare a saltare da un colore di una zona a un altro, se ci sembra che nulla sia cambiato, se dobbiamo aspettare un po’ per vedere le persone che amiamo, dobbiamo ricordare sempre  ciò che di più importante abbiamo: la nostra possibilità di amare ed essere amati dall’altro, di trovare una corrispondenza nei rapporti, di desiderarla, di ricercarla, ancora e ancora, per crescere, per realizzare, per diventare. E quella non può metterla in zona rossa nessuno, se non noi stessi.

Gli affetti, i nostri affetti, sono in zona bianca. Lì possiamo fare tutto quello che vogliamo.

Sara Fiori

 

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