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Cristiano Anderlini
Psicologo e Psicoterapeuta
Ricordo che da piccolo avevo paura di diventare grande. Finché si trattava di passare i pomeriggi sul tappeto a giocare con le Lego non avevo nessun problema, facevo vivere ai miei personaggi le avventure che io credevo impossibili. Poi, a quattordici anni, complice un momento di vita molto complesso e doloroso, le cose si sono complicate parecchio. Mi sarei dovuto aprire a tanti nuovi rapporti e cercavo di nascondere le mie paure dietro un’apparente serenità, eppure mi sentivo profondamente solo, impaurito e mai in grado.
A chi mi consigliava di parlarne con un professionista, rispondevo sempre di non averne bisogno, che ce l’avrei dovuta fare da solo. Ero finito col credere che la forza di un essere umano scaturisse a un certo punto magicamente dalla solitudine, dalla durezza e dal cinismo che possono purtroppo seguire determinati eventi tristi della vita. Mi sbagliavo, ma ancora non lo potevo capire.
Lontano com’ero dal mondo della psicologia, mi ritrovai indeciso tra architettura e design. Con grande sorpresa di tutti e in primis di me stesso, a pochissime ore dal termine ultimo per iscriversi al test di ingresso, tirai fuori dal cappello la decisione: Psicologia.
Scelsi l’indirizzo “Lavoro e Organizzazioni”, una piccola deviazione perché, mi dicevo, amavo la selezione del personale. Sicuramente vero, ma parziale. Oggi direi che non mi sentivo in grado di sedermi di fronte ad un paziente e rispondere alle sue esigenze, intuivo che mi avrebbe messo di fronte a difficoltà concretamente diverse dalle mie ma, in qualche misura, analoghe.
Mi sono laureato nel 2008, nel mentre frequentavo un master post laurea in Gestione Risorse Umane e Organizzazione conseguito col massimo dei voti, al termine del quale ho iniziato a lavorare in una società di consulenza HR come Junior Consultant prima, Senior poi e infine Project Manager.
Quelli sono stati anni interessantissimi perché il desiderio di crescere che da sempre mi contraddistingue, insieme alla conoscenza della lingua inglese, mi hanno permesso di ricevere piena fiducia da parte del mio capo di allora e di essere coinvolto quindi su diversi progetti internazionali. Per diversi anni, io e il mio trolley siamo stati lanciati in giro per l’Europa, per portare avanti progetti di formazione e valutazione del potenziale insieme a professionisti molto validi provenienti da tutto il mondo, di nazionalità e culture diverse.
Questa opportunità mi ha fatto crescere tanto. Il bambino solo e impaurito che giocava con le Lego piano piano si apriva a nuovi mondi ed iniziava ad esplorarli, il ragazzo che non si sentiva capace si riconosceva sempre di più. È in quel momento che è comparso un nuovo desiderio, poter cioè lavorare come psicologo clinico.
Il salto era tuttavia tanto grande, nel frattempo stavo anche cercando di elaborare la fine di una storia d’amore, e tutto quel mare sembrava troppo spaventoso e nero e gremito di mostri per poterlo navigare da solo. Cresceva dentro di me un male, sepolto da tanti anni e fino a quel momento mai affrontato, che mi faceva sentire sempre più triste, chiuso e rigido. Ero chiamato a realizzare nuove crescite e, invece di esserne contento, ero terrorizzato.
Fu in quel momento che, grazie ad una cara amica del tempo, ho conosciuto il Dott. Carlo Lazzerotti, direttore di Soave Sia Il Vento. Lo incrociai per la prima volta nel corridoio della scuola e, anche se scambiammo pochissime parole, furono sufficienti affinché tutto potesse cambiare. Gli chiesi di poter iniziare un percorso di psicoterapia con lui e da lì è iniziato il periodo più bello e significativo della mia vita. La nebbia, che fino a quel momento mi aveva tenuto ancorato al porto, piano piano si diradava e diventava possibilità di capire, di vedere, di scegliere. D’un tratto, non mi sentivo più solo
Ho iniziato a formarmi con Carlo Lazzerotti e con l’equipe dei professionisti di Soave Sia Il Vento e nel 2014 ho visto il mio primo paziente. Dopo tre anni molto impegnativi in cui mi ero destreggiato 09:00-18:00 con il lavoro da consulente e 18:00-00:00 con il lavoro clinico, i pazienti erano cresciuti e, diversamente dal parere di tutti, potevo riporre in un cassetto il contratto a tempo indeterminato e dedicarmi interamente ai pazienti e alla libera professione.
Nel 2020 sono diventato socio di Soave Sia Il Vento e, nel gennaio dell’anno successivo, mi sono specializzato in una scuola di psicoterapia quadriennale ad indirizzo psicodinamico.
Dal primo giorno di università ho ascoltato ciò che mi veniva raccontato sulla psicologia e, per tanto tempo, ho sentito quella psicologia molto distante da me, non aderente a quello che stavo cercando, che non riuscivo a trovare ma che sapevo dovesse esistere. Oggi posso affermare con gioia e molta soddisfazione che a Roma esiste un luogo di cura e di crescita e che io l’ho trovato.
Non sarei mai riuscito a realizzare la professione e, più in generale, la mia crescita senza il rapporto di psicoterapia, prima individuale e, da qualche anno, di gruppo. Ogni settimana attendo con immenso piacere l’arrivo della seduta, per l’affetto che mi lega al mio terapeuta e per il desiderio di confrontarmi e capire insieme come realizzare scelte sempre più valide e mature. Dal nostro rapporto sono nati e cresciuti tanti desideri: una professione portata avanti con serietà e soddisfazione; una convivenza prima e un matrimonio poi con l’uomo che oggi posso felicemente chiamare “mio marito”, anche lui parte dell’equipe; tanti nuovi progetti futuri, difficilissimi da realizzare, che in passato avrei abbandonato o quantomeno affrontato con terrore e che oggi posso vivere concentrandomi sì sulle difficoltà ma anche sul desiderio di realizzarli nel rapporto con tante persone che amo e con cui cresco.
Per tanto tempo nella mia vita i rapporti umani sono stati rapporti di forma, di concretezza, di baratto, di utilizzo reciproco, di eterna insoddisfazione. Oggi sono diventati sempre di più rapporti di calore, riconoscimento e autentica partecipazione alla vita dell’altro. Questo è il modo in cui ho realizzato il mio essere psicologo, l’unico che ho ritenuto potesse essere valido, coerente e soddisfacente.
Il bambino solo e impaurito continua a esistere dentro di me, non più come parte viva, ma come ricordo di ciò che ero, di una parte vecchia che, trasformata, mi permette di aiutare a far crescere i bambini di cui mi parlano i miei pazienti.
L’essere umano che, attraverso un rapporto affettivo, può finalmente lasciare il porto e, insieme a tanti amici ritrovati, navigare libero e godere del mare che, dopo la tempesta, è blu, calmo e sconfinato di nuove possibilità e nella notte, oramai senza più mostri, può lasciarsi andare e fare l’amore sotto le stelle, per poi separarsi, addormentarsi, sognare, ricordare.