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Non è il tempo di fermarsi!

Siamo portati a considerare il tempo come unità misurabile, come la durata di qualcosa: un’ora, una settimana, un mese, una stagione. Quello che stiamo vivendo in questi giorni, invece, assomiglia ad un tempo “sospeso”, non misurabile, non prevedibile. È il tempo dell’infezione da Covid-19, invisibile ed al tempo stesso imprevedibile, di cui non conosciamo la durata. Il nostro tempo è ormai il tempo che intercorre tra un decreto ed un altro, tra le direttive che ci indicano cosa fare, che ci informano del numero dei nuovi ammalati e, fortunatamente, anche dei guariti. In questo momento, ancora più del solito non possiamo sapere cosa succederà tra un minuto o quando finirà questo periodo di quarantena. Sappiamo solo una cosa: dobbiamo e possiamo continuare a vivere.

Non è il tempo di fermarsi!

#iorestoacasa è tra le frasi che stiamo leggendo maggiormente in questi giorni e che in molti stanno utilizzando nei loro profili social per condividere con la popolazione italiana la loro scelta: limitare il più possibile gli spostamenti dalle loro abitazioni per partecipare alla protezione degli esseri umani più fragili e più esposti all’aggressione del virus. Una scelta di cura che ci accomuna tutti, sebbene divisi e lontani, ognuno nella propria casa. Quello che manca a questo hashtag è il sottotitolo, contenuto nel suo significato più profondo: siamo lontani, ma non siamo soli. Questa realtà di vicinanza umana, di partecipazione ai rapporti fisicamente lontani è troppo spesso dimenticata, resa superficiale, favolistica. In realtà è la capacità più antica e più potente che gli esseri umani possiedono fin dalla nascita: riconoscere, continuare a sentire dentro di sé l’amore, l’affetto, le sensazioni positive vissute in un rapporto, anche se ce ne dobbiamo distaccare, anche se siamo lontani fisicamente.

Affidarsi a questa nostra capacità affettiva di rendere la distanza fisica, una vicinanza interna, non è sempre facile, ma oggi è necessario renderla sempre più forte e vera.

Dobbiamo restare ancora lontani per rallentare il più possibile la diffusione del contagio, per proteggere tutti noi ed i nostri cari. La partecipazione, la vicinanza, l’affetto restano e possono continuare a crescere e, anche se i rapporti fisici sono sempre interrotti, possiamo continuare a viverli con una nuova modalità che porta con sé l’affetto di sempre. Il web pullula di iniziative per continuare ad essere vicini seppur lontani: nascono video di educatriciche leggono un libro ai bambini, che cantano la loro canzoncina preferita e che condividono dei veri e propri tutorial per costruire insieme piccoli lavoretti. Maestre che preparano materiali didattici alternativi in cui spiegano ai bambini il virus, ma anche la storia, la matematica, le regole grammaticali. Personal trainer che preparano video e propongono esercizi da fare a casa, da soli o in compagnia di tutta la famiglia. C’è anche chi propone la coreografia del saggio di danza, con la speranza di poter concludere un percorso iniziato insieme e proseguito durante questi mesi.

Se non leggiamo in maniera superficiale queste iniziative, possiamo cogliere immediatamente il messaggio vitale di cui sono portatori. Talvolta, però, accade che accanto all’entusiasmo iniziale, arrivino altri pensieri: “ci stanno riempiendo di compiti e di impegni”, “vogliono mantenere i loro iscritti alla riapertura”, “vogliono che paghiamo il corso nonostante tutto perché come tutti stanno subendo un danno economico”, “per quanto tempo avrò voglia e desiderio di seguire ogni giorno tutto questo?”. Ecco che, dopo un primo momento di gioia, di partecipazione e di risposta attiva cambia qualcosa, soprattutto se questo tempo di isolamento, che ci costringe a rapporti in video, si protrae.

Potrebbero sembrare semplici riflessioni giustificate dal protrarsi dei giorni passati in casa, dalla noia che sopraggiunge e ci fa sentire stanchi, dall’insicurezza sulla data di fine che sembra vanificare il desiderio e il tentativo di continuare ad essere attivi. Quelli che sopraggiungono non sono solo dei semplici pensieri razionali ma corrispondono ad un vero e proprio atto psichico per cui la realtà si capovolge, si confonde, e quello che era vero prima, poi non lo è più.

Sopraggiunge una parte di noi, scura e negativa che riesce a sovrastare e mettere in ombra la parte attiva e positiva, spingendoci a lasciare stare, a rimandare, a non fare niente. Così facendo, in realtà non stiamo semplicemente scegliendo di fare o non fare qualcosa, stiamo svuotando le nostre attività, i nostri rapporti, e quindi in primis noi stessi, del contenuto affettivo: il desiderio di fare quella cosa specifica, di rivedere, seppur in webcam, amici, colleghi, compagni, di sentirci bene mentre realizziamo qualcosa che ci piace. Rendiamo banale tutto questo e dimentichiamo che questo nuovo modo di stare insieme e comunicare sembra voler gridare al mondo intero: “noi esistiamo, ci possiamo ricordare, possiamo continuare a vivere per poi rincontrarci e riabbracciarci e continuare il nostro percorso insieme”.

Ecco allora un’altra cosa che possiamo fare in questo tempo di quarantena che abbiamo ancora davanti: riconoscere i momenti di difficoltà, quelli in cui la nostra parte negativa prende il sopravvento e riesce a gettare ombra su tutto. Sono i momenti in cui ci sembra che tutti siano distanti e ci sentiamo particolarmente soli.

Oggi dobbiamo mostrare maggiore attenzione a questa parte, talvolta chiara e talvolta meno, che, per paura di essere delusi e feriti dagli altri, che a volte possono essere, o possono sembrarci, aggressivi, freddi, indifferenti, ci porta ad allontanare tutti. Questa realtà oscura e forte, che silenziosamente si annida dentro di noi, però possiamo contrastarla. Per quanto grande possa divenire, non può far scomparire la parte positiva che contiene dentro di sé i desideri, le risorse, i rapporti validi vissuti nella nostra vita. Ritrovare in noi tutto questo, ricordarlo e tenercelo stretto ci permetterà di non dimenticare l’amica a cui telefonare in qualunque momento; il profumo delle ricette cucinate da nonna; la maestra che ci ha insegnato a leggere e a scrivere; la mamma che ha tenuto le nostre mani fino a quando siamo stati in grado di camminare da soli; il papà che ha lasciato la nostra bicicletta nel momento in cui sentiva che potevamo andare da soli. Ci permetterà di non dimenticare la nostra parte positiva e carichi di questa certezza portarla con noi nelle attività che possiamo fare e nei rapporti che possiamo vivere, anche continuando a rimanere a casa.

È il momento per le letture che sentiamo corrispondenti, per i film che raccontano la verità umana, per la musica che entra in comunicazione con la parte più profonda di noi.

Non basta, come viene detto troppo semplicisticamente, sdraiarsi sul divano e abbandonarsi alle serie tv, dobbiamo portare avanti i progetti, le idee, i rapporti, gli impegni presi con noi stessi. Non possiamo fermare la vita, non possiamo metterla in stand by.

Il tempo che stiamo vivendo oggi, al contrario di come può sembrare, non è un tempo sospeso, ma un tempo vissuto internamente, in cui, anche se la realtà esterna potrebbe farci sembrare che nulla cambia, che siamo sempre fermi nello stesso posto, lontano da tutti, noi riusciamo a sentire e riconoscere il nostro movimento internoIl movimento della nostra parte positiva che rimane viva, dei nostri affetti che continuano a trovare un modo di rapportarsi con le persone a cui vogliamo bene, dei nostri desideri che ancora nascono dentro di noi e cercano di realizzarsi.  Per riprendere le nostre attività, quando torneremo alla vita di sempre, è necessario aver proseguito la vita in questo periodo. Non possiamo pensare di riprendere da dove eravamo rimasti, di premere “play” dopo aver messo in pausa.

Per poter affermare con certezza che #andratuttobene, dobbiamo far andare tutto bene oggi: non è il tempo di fermarsi!

Michela Militello

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