fbpx

Amicizia, rapporto, identità

In centinaia di anni, le menti più brillanti e acute tra filosofi, poeti e scrittori, hanno cercato di cogliere e descrivere la vera essenza dell’amicizia: riflessioni durate a volte una vita intera e confluite poi in uno di quegli aforismi che tanto spesso abbiamo trovato nei cioccolatini e che hanno finito per annoiarci a morte per la loro banalità. Come se fosse facile trovare una definizione del genere senza correre il rischio di sembrare banali. Affrontare le profonde e complesse dinamiche umane, non è esattamente come racchiudere un profumo in una boccetta. Ci sono però una serie di particolari, che abbiamo sentito talmente tante volte da essere ormai scontati, che hanno sorprendentemente il potere di metterci tutti d’accordo.

Per esempio tutti condividiamo l’idea che all’amicizia corrispondano parole come comprensione, affetto, fiducia, sostegno, confronto, libertà di espressione. È un rapporto caratterizzato da attenzione, partecipazione, interesse, costanza, presenza fisica ed affettiva. Quando si è bambini, spesso un amico è qualcuno con cui costruire un mondo idealizzato e fantasticato nel quale rifugiarsi, perché non ha nulla del carattere a volte troppo stringente della realtà. Ognuno di noi sa certamente che un amico è una persona su cui poter contare, perché è sempre dalla tua parte, ma l’amico che davvero desideriamo sa anche dire quello che non vogliamo sentirci dire: ci accetta e ci ama così come siamo, ma si oppone a tutte quelle parti di noi che ci bloccano e ci impediscono di crescere. E può farlo, dal momento che dietro le sue intenzioni e nelle sue parole, non vi è traccia di giudizio, ma c’è invece un reale riconoscimento del nostro valore. Un’altra frase molto conosciuta è “lo specchio migliore è l’occhio dell’amico”, che nella sua semplicità ed ovvietà, racchiude una verità che ci appartiene, perché è incrociando lo sguardo di qualcuno in grado di vedere ciò che è nascosto dentro di noi, che riusciamo a trovare noi stessi: è nel rapporto con gli altri che impariamo a conoscerci davvero e abbiamo la possibilità di cambiare e di arricchirci. Amicizia significa soprattutto mettersi in gioco, mettersi in discussione e crescere insieme.

L’amicizia è quindi un tipo di rapporto fondamentale per la crescita di ogni essere umano, ma perché cerchiamo degli amici? Da dove viene quest’esigenza? Lo psichiatra Massimo Fagioli si è lungamente occupato di comprendere e approfondire le dinamiche di rapporto tra gli esseri umani e ha sempre sottolineato come durante la gravidanza, il bambino, vive un rapporto fisico con il liquido amniotico nel quale è immerso e, a partire dal contatto cutaneo che ha con esso, sperimenta il calore, un senso di protezione, l’amore, un’omeostasi fisica e profonda. Al momento della nascita, l’esperienza con una realtà esterna fredda, accecante e inanimata, porta il neonato a cercare di farla sparire e si presenta la tendenza a voler tornare ad uno stato precedente: contemporaneamente emerge una sorta di traccia mnesica di questo stato precedente, quello intrauterino, realmente vissuto e caratterizzato dalla perfetta omeostasi. E’ così che si forma la prima immagine interna di ogni essere umano, l’immagine di un rapporto totalmente corrispondente con il liquido amniotico: il neonato non ha comprensione di cosa accada, dato che questi processi sono totalmente inconsci, ma grazie al recupero di quest’immagine, sente dentro di lui che esistono rapporti in grado di soddisfare le esigenze più profonde al di là di quelle materiali e passerà la vita a cercare altri esseri umani che, riuscendo a soddisfare i suoi desideri di trasformazione umana, lo aiuteranno a crescere.

Inizialmente si tratta della madre, del padre e degli affetti familiari, dai quali, nei primi anni, il bambino dipende completamente. Man mano che cresce però, diventa sempre più fisiologicamente pronto a decentrarsi dal mondo degli adulti dal quale dipende: inizia a cercare di realizzare sempre di più nei rapporti la sua identità e la sua autonomia. Nasce così il desiderio di nuovi rapporti che possano corrispondere a queste esigenze emergenti: qualcuno da cui non poter dipendere, un pari, un amico. Il desiderio, come ricordava Fagioli, in quanto realtà di vuoto e perciò di parziale “non essere” dell’uomo, crea come uno spazio da riempire con rapporti che a quest’età sono inizialmente vaghi e abbozzati, ma comunque importanti per strutturare l’identità: solo dopo aver soddisfatto il desiderio, esso scomparirà e l’uomo realizzerà se stesso come essere capace di investire di libido la realtà umana che lo circonda. Così il bambino prima e l’adolescente poi, cercano sempre più rapporti da affiancare a quelli già presenti per arricchire il proprio mondo affettivo, dato che la crescita e la trasformazione umana si realizzano attraverso rapporti che ci corrispondono. Ma come abbiamo detto, dal momento in cui si lotta per superare la dipendenza in favore dell’autonomia e quindi della possibilità di diventare adulti, allora quello che verrà desiderato e ricercato sarà un rapporto paritario a tutti gli effetti, un rapporto “orizzontale” che aiuti l’adolescente a trovare quel tanto agognato svincolo dal rapporto “verticale” con i genitori. Tutto ciò potrà realizzarsi, soltanto se questo svincolo rappresenterà una possibilità di separazione dal nucleo familiare e non contro di esso, un accrescimento che non significa cancellare gli affetti precedentemente realizzati, ma che si può compiere con il sostegno dei rapporti che l’adolescente costruisce con “chi è come me”. A questo punto non dovrebbe più stupire il fatto che nei gruppi di amici in adolescenza, valga la regola della somiglianza e dell’uguaglianza: i gruppi e i rapporti tra pari in generale che caratterizzano questa fase della crescita, sembrano basarsi sull’identificazione reciproca tra i propri membri, sulla totale condivisione non solo di esperienze e di gusti, ma anche di modi di vestirsi, di pensare, di parlare. Quasi sempre, un ragazzo fa parte di un gruppo di amici perché condivide ed aderisce all’unico modello proposto e sente che ogni piccola differenza può rappresentare una minaccia per l’identità del gruppo stesso. “Mamma mi compri quelle scarpe? Devo averle assolutamente, ce le hanno tutti!”, è una richiesta che potrebbe essere fatta ad ogni genitore, ma altrettanto spesso viene frainteso il suo vero significato e un adulto si ritrova purtroppo a pensare che questi ragazzi non abbiano una volontà o un pensiero propri, si lascino sempre condizionare, dovrebbero far valere di più le loro idee, i loro desideri e far sentire di più la loro voce. E invece è proprio quello che stanno facendo. Con fatica, quasi del tutto inconsapevolmente, gli adolescenti costruiscono rapporti di amicizia che li portano a delineare la loro identità in fieri, un’identità che cresce e si sviluppa all’interno di rapporti corrispondenti, anche se vissuti ancora come parziali e non completamente maturi. L’identificazione con i pari rappresenta perciò una sorta di tappa evolutiva necessaria, ma transitoria: se un ragazzo viene sostenuto attraverso il riconoscimento dei suoi più profondi desideri di crescita e realizzazione, allora arriverà un momento in cui non ci sarà più bisogno dell’uguaglianza, perché il rapporto con le differenze non spaventerà più come prima, anzi, diventerà possibile. La condivisione materiale e superficiale gradualmente scomparirà, soppiantata dal desiderio dell’essenza e del contenuto interno dell’altro, che potrà finalmente essere riconosciuto come “altro” e desiderato e cercato in quanto tale. Per cui, con queste premesse, dovrebbe sempre arrivare un momento in cui nei rapporti adolescenziali (come in qualsiasi altro rapporto fondamentale per la crescita di ogni individuo) si assiste al passaggio dall’identificazione con l’oggetto, all’identificazionedall’oggetto. Sarà possibile distanziarsi dalla persona, dall’oggetto dunque, senza perdere il rapporto con esso, considerando che “una giusta distanza permette lo scambio con l’oggetto, la possibilità di essere simili e autonomi insieme. Che la parola identificarsi abbia contemporaneamente il significato di essere come l’altro e distinguersi dall’altro, è abbastanza significativo. (M. Fagioli, Istinto di Morte e Conoscenza, p.136).

Solo a questo punto il tempo di tutte le realtà parziali strettamente connesse alle dinamiche di identificazione, prima fra tutte la fantasticheria di appropriarsi dell’altro e della sua identità, finirà e sarà sempre più preponderante il desiderio di rapportarsi con il mondo interno dell’altro: ci sarà quindi una crescita reciproca, che non lascerà spazio alla dinamica secondo cui, per mezzo dell’identificazione introiettiva e proiettiva, all’arricchimento di uno corrisponderà l’impoverimento dell’altro, cioè l’arricchimento di nessuno. In questo modo l’appartenenza diventerà reale partecipazione, ma non nei confronti di un mondo comune: i veri amici partecipano l’uno al mondo interno dell’altro e costruiscono così il loro mondo che è comune, poiché condiviso e corrispondente.

E proprio grazie a questi processi, l’amicizia è uno di quei rapporti che rimane nel tempo, che ci può accompagnare per tutta la nostra vita, perché capace di percorrere la realtà di ogni essere umano, ossia cambiamento, metamorfosi, trasformazione, che attraverso infinite strade portano tutti nella medesima direzione, la crescita. Anche alla fine del liceo o dell’università, prendendo scelte opposte, imboccando percorsi differenti o addirittura quando si vive in stati diversi, un’amicizia è capace di durare e rinnovarsi continuamente. Perfino a distanza di decenni, quando il corpo cambia e invecchia, quando le esperienze vissute sono ormai lontane e remote, quando anche i desideri che tanto ci accumunavano sono scomparsi, perché sono stati soddisfatti, anche in questo caso il ricordo di ciò che è stato, rende visibile e presente, ciò che ormai è diventato irriconoscibile e invisibile, mantenendo vivo il nostro mondo di affetti e con esso, i nostri rapporti.

Per tutti questi motivi, la Giornata Internazionale dell’Amicizia, che ha lo scopo di proporre l’importanza dell’amicizia e la pace tra popoli e culture diversi, ci spinge a fare un’ulteriore riflessione sul significato che diamo all’amicizia: siamo davvero in grado di portare dentro di noi una realtà così apparentemente ovvia e assodata? La cronaca mondiale risponde per noi. Credendoci adulti, troppo spesso ci comportiamo da adolescenti, incapaci di riconoscere che chi è “altro” da noi non rappresenta un pericolo. Troppo “identificati con”, non crediamo sia possibile rapportarci con chi è fuori dal nostro gruppo e allora il valore che ha per noi l’amicizia non è più grande di quello che riusciamo a dare a quegli aforismi che troviamo nei cioccolatini, grandi verità umane che abbiamo smesso di leggere, perché non le comprendiamo più. Usiamo invece questa giornata come occasione per ricordarci di mandare via quelle parti adolescenziali che ancora vivono dentro di noi, per far finalmente comparire quelle adulte che, se vogliamo crescere, devono prenderne il posto. Perché gli amici se ne fregano dei confini territoriali, non cantano inni nazionali e da sempre condividono esperienze ed esprimono loro stessi sotto un’unica bandiera, quella umana.

Flavia Del Bon

Comments are closed.