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Da “Scusate se esisto” a esistere senza scuse

Scusate se esisto è il titolo del film di Riccardo Milani, ed è anche una frase che probabilmente molti di noi hanno pronunciato almeno una volta nella vita.

La storia comincia con una voce fuori campo che ci racconta l’infanzia di una bambina, Serena Bruno. La vediamo come una bambina studiosa e talentuosa. È nata e cresciuta ad Anversa – no, non quella in Belgio , come dice sempre lei, quella in Abruzzo – un paese piccolissimo, circondata dall’amore della famiglia, onnipresente. Serena cresce, si diploma, si laurea in architettura. Viaggia tanto, consegue master nelle più famose università del mondo, impara molte lingue ed ottiene posizioni lavorative importanti.  Fino a quando, un giorno, decide in maniera rivoluzionaria – vedremo poi perché – di tornare in Italia. Tutti i colleghi la guardano esterrefatti, eppure lei decide di tornare.

Torna e qui ritrova la sua famiglia, la mamma che la riempie sempre di domande, la zia che fa altrettanto e le chiede sempre quando se ne riandrà, ma lo fa in dialetto molto stretto e Serena non lo comprende quasi più. Serena cerca i lavori più disparati, sino a giungere a fare la cameriera in un ristorante.

Una scena molto importante all’inizio del film, è quella che vede Serena girare per un quartiere di Roma, Corviale, in motorino. Il motorino si ferma e lei chiede aiuto a due ragazzi che incontra, che però, davanti ai suoi occhi, salgono sul motorino e glielo portano via. Lei li ferma per dargli il casco e li saluta con il sorriso. Solo pochi istanti dopo si rende conto di essere stata derubata e di aver contribuito in maniera attiva a far avvenire quel furto. Dopo questo evento, però, alza gli occhi e vede i palazzoni grigi di Corviale. Decide di entrare per cercare informazioni e provare a recuperare il suo motorino, che era molto importante per lei, in quanto apparteneva a suo padre,  uomo molto valido e che era venuto a mancare. Fra i palazzi di Corviale fa un incontro con una donna del quartiere, molto semplice, che le mostra che lei, per ritrovare la porta di casa, ha fatto fare al nipote un segno verde sul muro per riconoscere la propria scala. E, in quello stesso luogo, Serena alza gli occhi e vede il bando per un concorso per riqualificare Corviale. Decide di presentare un progetto.

Notiamo subito due parti di Serena: quella meno presente, meno vedente rispetto alla realtà, che scambia due giovani ladruncoli per qualcuno che desidera aiutarla; e quella che sa immaginare, che sa creare, che vede oltre quei palazzoni grigi e progetta un futuro diverso.

Se di notte Serena si ritrova china davanti ad un computer ad elaborare un progetto di riqualificazione urbana, di giorno lavora nel ristorante di Alessandro, persona che diventerà fondamentale per lei. La prima volta che Serena lo vede, rimane imbambolata davanti alla sua bellezza e al suo portamento. Si è presa una cotta per lui. I due escono insieme qualche volta, lui la invita spesso a trascorrere del tempo insieme eppure il bacio non scatta mai, c’è qualcosa che sfugge a Serena e che Alessandro fa fatica ad esprimere in maniera chiara. Alessandro è infatti omosessuale, ma Serena lo capirà solo dopo averlo visto in un locale ballare e flirtare con vari uomini. Dopo questa scena c’è una forte discussione fra i due: Serena lo accusa di non essere mai stato chiaro e di aver avuto dei comportamenti che le hanno fatto credere che lui nutrisse dei sentimenti per lei;  lui, dall’altra parte, accusa lei di aver inventato tutto e di essere stato chiaro quando, durante una cena, le ha raccontato di essersi separato da sua moglie perché non ce la faceva più.

Anche in questa situazione vediamo due realtà di Serena: quella che si propone perché spinta da un desiderio, ma anche quella che non vede pienamente la realtà poiché ripone quel desiderio in una persona che non può corrisponderla nello stesso modo. I due sono espressione di una stessa difficoltà: quella di riconoscere ed esprimere a pieno la propria sessualità.

I due comunque stringono un rapporto sempre più forte, tanto che Alessandro decide di ospitare Serena in casa sua dopo aver saputo che sarebbe stata sfrattata. Nel frattempo lei decide di presentare il suo progetto per Corviale, ma al momento del colloquio, intimorita da un’altra partecipante, decide, giocando su un equivoco, di presentare il progetto non a nome di Serena Bruno, ma di Bruno Serena, un architetto immaginario, un uomo, di cui lei è segretaria e che momentaneamente lavora in Giappone. Serena non se l’aspettava, ma il suo progetto, o meglio quello di Bruno Serena, le fa ottenere il posto. E ora?

Questa copertura dovrà durare tre settimane e lei crede di poter riuscire a portare avanti la farsa. Il ruolo di Bruno Serena, nelle conference call che dovranno svolgersi in ufficio, è svolto da Alessandro, che le tiene il gioco nonostante non condivida a pieno il piano.

Serena dunque ottiene un lavoro molto importante e si trova a lavorare in un ufficio in cui scopriamo esserci delle situazioni molto particolari. Ogni mattina, ad esempio, arriva il capo che attraversa l’ufficio salutando a destra e a sinistra con un sorriso esagerato e finto tutti i suoi dipendenti, che gli rispondono in una maniera ugualmente falsa. Giunge di fronte alla porta del suo ufficio e trova la sua segretaria Michela pronta a porgergli il caffè in maniera riverente.

È importante fare una parentesi sul rapporto che c’è fra questo capo e la sua segretaria. Inizialmente infatti potrebbe sembrare che Michela sia per l’architetto, quello che Giulia – è questo il nome che Serena utilizza in ufficio – è per Bruno Serena. Sì, perché la segretaria sa tutto, lo consiglia alle riunioni, lo aiuta nelle decisioni, ed anche se lui le dice di sapere già ciò che deve fare, è in realtà Michela a svolgere tutti i lavori al posto suo. Ricorda persino il compleanno del figlio e gli compra un regalo affinché il capo, che sicuramente avrebbe dimenticato quella data importante, glielo possa dare.

Serena porta una rivoluzione all’interno di quell’ufficio. Innanzitutto perché incontra un uomo, Pietro, detto “Pennellone”, a cui si interessa, che è geloso di “Bruno Serena” con cui lei ha a che fare. Lui riconosce le qualità di Serena e ritiene che non sia giusto che sia lei a svolgere tutto il lavoro al posto del suo capo – che ricordiamo non esiste. Pietro è l’unico, infatti, che intuisce qualcosa di strano. Non capisce bene, non comprende ancora razionalmente cosa succede, ma sa che c’è qualcosa che non va, qualcosa che, in tutta quella storia, stona. Lei inizia ad interessarsi sempre più a lui anche se a volte lo nega. Serena porta Pietro a Corviale, dove conosce tutti, dove i giovani che prima la guardavano con diffidenza, quegli stessi giovani che le avevano rubato il motorino, adesso la proteggono e guardano male chiunque di sconosciuto le si avvicini.

Lei coglie il desiderio di questi ragazzi di poter avere un luogo in cui studiare, di poter avere delle opportunità, di poter spendere il proprio tempo in maniera diversa che non sia quella di derubare i passanti o dover studiare sul pianerottolo del palazzo perché privi di spazi adibiti per farlo.

Parallelamente Alessandro cerca di costruire un rapporto con il figlio. All’inizio è molto spaventato, perché non aveva mai avuto un rapporto con il bambino, e perché vuole parlargli della sua omosessualità ma non ci riesce. Serena piano piano riesce a stimolarlo e a fargli trascorrere del tempo con lui, e vediamo che, se prima Alessandro era molto impostato ed aveva paura di costruire un rapporto con suo figlio, piano piano, coinvolgendolo nella propria realtà, riesce a divertirsi con lui: è significativo il momento in cui insieme cucinano delle patatine all’interno del suo ristorante.

Anche se non è riuscito a dirgli di essere omosessuale, il piccolo lo comprende da solo, perché spesso i bambini vedono molto di più di quanto gli adulti possano immaginare.

Il progetto di Serena continua, si avvicina sempre di più la scadenza ed il momento in cui Bruno Serena deve recarsi in ufficio per contrattualizzare il progetto. Alessandro veste i panni di Bruno e va in ufficio. Qui avviene un colloquio tra il capo, Michela, Bruno e Serena. Sembra andare tutto liscio fino a quando il capo non dice di voler eliminare dal progetto la parte abitativa e di volerci costruire un centro commerciale.

Nel sentire queste parole Serena si inalbera. Di fronte alla negazione di ciò a cui lei teneva di più di quel progetto, ovvero le persone di Corviale, non ci sta. Racconta tutta la verità ed è disposta anche ad andarsene se quella è la proposta. Tutti sono stupiti dalla reazione di Serena, dal fatto che avesse mentito per tutte quelle settimane e che in realtà fosse lei l’architetto del progetto di Corviale. Il gesto di andare via riconoscendo il valore di quelle persone e del suo lavoro, è un grande stimolo per tutti i suoi colleghi che, da anni, mandano avanti un rapporto con il capo che li vuole  sempre belli e sorridenti per  fargli credere ciò che lui desidera, mentre in realtà anche loro comprendono di poter esprimere sé stessi e che è giusto farlo.

Vediamo che il film finisce con tutti gli affetti di Serena seduti intorno ad un tavolo, la mamma, la zia, Pietro, Alessandro, suo figlio e il suo compagno e persino la segretaria. Serena non ha più un lavoro. Materialmente potrebbe sembrare che il film si concluda come all’inizio, ovvero con lei che deve cercare un nuovo lavoro ed affrontare il futuro non sapendo cosa aspettarsi. Però in realtà è tutto diverso.

Serena ha ritrovato gran parte delle sue possibilità, si è messa in discussione, ha costruito dei rapporti nuovi in cui crescere e in cui essere riconosciuta. Certamente ha ancora tanto da realizzare, ma oggi è pronta a farlo. Oggi può scegliere liberamente e non ha bisogno di fuggire, tanto che alla classica domanda ridondante della zia che le chiede per quanto tempo resterà, lei non risponde.

Non risponde perché è libera di scegliere, perché il restare o l’andare via non sarà più fuggire. Perché tornare in Italia è stato per lei un atto rivoluzionario, perché non per tutti è semplice tornare dal luogo da cui si era andati via, perché in realtà – se non lo si fa bene – si va via da una parte di noi stessi che non vogliamo vedere e crediamo che cambiare luogo ci porti a cambiare vita, quando in realtà possiamo cambiare vita anche restando tutta la vita nello stesso posto.

Scusate se esisto ci racconta una storia di possibilità, di lotta per aprire gli occhi davanti alla realtà, per smettere di vedere quello che più ci fa comodo, quello dietro cui vorremmo nasconderci, e iniziare a comprendere ciò che davvero è, ciò che siamo e possiamo realizzare. Scusate se esisto è una storia di rapporti che aiutano a crescere, in cui sentirsi sicuri ma che allo stesso tempo siano uno slancio per affrontare la vita, per crescere, per esistere davvero e per smettere di chiedere scusa.

Serena smette di chiedere scusa, anche perché le uniche scuse che avrebbe da fare sono a sé stessa, per tutte le volte che non si è sentita sicura, per tutte le volte in cui ha messo in dubbio il suo sentire, per tutte le volte che ha fatto ciò che era meglio secondo tutti ma non secondo lei, per tutte le volte in cui ha negato le sue competenze e i suoi desideri.

Se seguiamo i nostri desideri, li riconosciamo, li custodiamo e lasciamo che gli altri possano fare lo stesso, potremmo davvero esistere, vivere, senza sentire di dover chiedere scusa a nessuno.

Sara Fiori

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